Corpi, segni e una voce di Giusto Pilan
Con Vanni Cantà e Marco Munaro
A cura di Giovanna Grossato
La mostra resterà aperta fino al 24 maggio
L’incontro dei due artisti visuali Vanni Cantà e Giusto Pilan con il poeta Marco Munaro si è tradotto in una performance che presenta al pubblico una serie di opere pittoriche in dialogo fra loro. All’interno di questa cornice visiva, avviene la lettura di Munaro, quasi a ribadire e a sperimentare, ancora una volta, l’antico accordo tra immagini e suono delle parole.
Pilan guarda al corpo umano e animale attraverso della figura: una conoscenza antica di anatomie, arti, organi; dai disegni di Leonardo alle disarticolazioni di Bacon. Pilan, à rebours, va alla ricerca di un inizio remoto, quello che ci ha resi ‘umani’.
Cantà non organizza un discorso, il suo fare non è ‘intenzionale’, alle prese ogni volta in ogni quadro o disegno con qualcosa che sta per accadere, un evento che gli si annuncia attraverso segni sparsi da decifrare, tracce di qualcosa di remoto o seme di un futuro
Catturati entrambi dalle opposte forze dell’inizio e della fine, del passato e del futuro, i due pittori sembrano indagare, da una prospettiva divergente, il mistero dell’esistenza.
Anche le parole di Munaro hanno un corpo: l’organismo della frase e del testo sono forme viventi, organiche, che affondano nel grido e nel silenzio, graffiando l’aria o la pietra.
All’interno della dualità espressiva dei due artisti visuali, la poesia si manifesta come la voce che restituisce la vita che dà vigore nuovo alle immagini, le smuove dall’immobilità scaraventandole nella tempesta del tempo presente. Ridà loro, letteralmente, il respiro.
Nelle cartelle d’artista che accompagnano la mostra, la poesia possiede anch’essa uno spazio come immagine.